Oggetto: Modalità di corresponsione della retribuzione e dei compensi ai lavoratori – Art. 1, commi 910-914 della L. n. 205/2017 – Note INL 22 maggio 2018 n. 4538 e 4 luglio 2018 n. 5828.
1. Premessa
La Legge di bilancio 2018 [art. 1, commi 910 – 913, della Legge 27 dicembre 2017 n. 205] ha stabilito che a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti debbano corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso gli strumenti di pagamento individuati dalla stessa norma, non essendo più consentito, da tale data, effettuare pagamenti in contanti della retribuzione e di suoi acconti, pena l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 5.000 euro.
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota n. 4538/2018, e n. 5828/2018 ha fornito alcune indicazioni relativamente al corretto adempimento di tale obbligo nonché alle procedure di contestazione della violazione.
2. Tracciabilità dei pagamenti (commi 910-914)
Come detto, a far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti devono corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:
- bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
- strumenti di pagamento elettronico;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, ad un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.
Con riferimento ai mezzi di pagamento sopra indicati, nella nota del 4 luglio 2018 n. 5828 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha chiarito che:
- con riferimento agli strumenti di pagamento elettronico previsti dalla lettera b) del comma 910 dell’art. 1, è considerato un pagamento tracciato anche il versamento degli importi dovuti effettuato su carta di credito prepagata intestata al lavoratore, pure nel caso in cui la carta non sia collegata ad un IBAN. In tale ultimo caso, per consentire l’effettiva tracciabilità dell’operazione eseguita, il datore di lavoro dovrà conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza. Si rammenta, infatti, che la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione ma serve tutt’al più a comprovare l’avvenuta consegna del prospetto ai sensi dell’art. 1, della Legge n. 4/1953;
- per i soci lavoratori di cooperativa che siano anche “prestatori” (ovvero intrattengano con la cooperativa un rapporto di prestito sociale) è conforme alla ratio della norma [e quindi è considerato un pagamento tracciato] il pagamento delle retribuzioni attraverso versamenti sul “libretto del prestito”, aperto presso la medesima cooperativa, a condizione che:
- tale modalità di pagamento sia stata richiesta per iscritto dal socio lavoratore “prestatore”;
- il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” a cura dell’Ufficio paghe e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.
3. Rapporti di lavoro interessati ed esclusi dal divieto di pagamento in contante
Per rapporto di lavoro si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c., indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della L. n. 142/2001.
Dovrà essere chiarito se, come sembra, il rispetto dell’obbligo di tracciabilità vada garantito anche in relazione all’eventuale pagamento di somme aventi natura retributiva (anziché retribuzioni) che, pur trovando causa nel rapporto di lavoro, sono comunque ad esso relative (come ad esempio quando conseguenti ad accordi di conciliazione).
L’obbligo di pagamento della retribuzione con mezzi tracciati non riguarda i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni, quelli di lavoro domestico o comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
Nella nota del 22 maggio 2018 n. 4538 l’ispettorato nazionale del Lavoro ha altresì escluso dall’ambito di applicazione della norma in questione, in quanto non richiamati espressamente dal comma 912, i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale.
4. Definizione di retribuzione
Sotto il profilo oggettivo, occorre definire il concetto di retribuzione per il quale corre l’obbligo di effettuare pagamenti tracciati. L’obbligo riguarda esclusivamente la corresponsione della remunerazione relativa all’attività svolta dal lavoratore.
A mero scopo esemplificativo, si evidenziano, qui di seguito, alcune somme che vanno considerate a tutti gli effetti retribuzioni e i cui pagamenti vanno, conseguentemente, tracciati:
- retribuzione per lavoro straordinario;
- maggiorazioni per lavoro festivo e notturno;
- indennità sostitutiva delle ferie non godute;
- trattamenti premiali ed incentivanti;
- trattamento di fine rapporto.
Non dovrebbero invece rientrare nell’obbligo di tracciabilità [ma su questo aspetto si attendono i necessari chiarimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro] le somme che non sono considerate “retribuzione”.
Al fine di individuare quali siano le voci che rientrano ovvero non rientrano nell’obbligo di pagamento con le modalità previste, la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, nella nota di approfondimento dell’8 giugno 2018, ha ritenuto che occorra riferirsi a tutti quegli elementi della retribuzione previsti dal contratto individuale e collettivo applicabile al rapporto di lavoro.
La Fondazione ha pertanto ritenuto che gli anticipi di cassa per fondo spese, rimborsi spese (analitici e forfettari) ed altre somme corrisposte al lavoratore, diverse da quelle contrattuali, possano essere esclusi dall’obbligo di tracciabilità in quanto l’articolo 1, comma 910, della Legge prevede che l’obbligo si applichi al momento in cui i datori di lavoro o committenti, “corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa”.
Si precisa che tali somme, ancorchè escluse dall’obbligo in questione potrebbero, comunque dover essere pagate con mezzi diversi dal contante; la fattispecie riguarda il caso in cui il rimborso di spese sia relativo all’acquisto di carburante per autotrazione effettuato personalmente dal dipendente e destinato ad una autovettura aziendale. In questo caso il pagamento del rimborso spese in contanti non permetterebbe la detrazione dell’IVA ovvero la deduzione del costo. [in tale senso Circolare n. 8/E del 2018 dell’Agenzia delle Entrate].
5. Sanzioni
Al datore di lavoro o committente che viola gli obblighi di cui sopra si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Con nota 22 maggio 2018 l’INL, in considerazione del tenore letterale e della ratio della norma, ha chiarito che la violazione in oggetto risulti integrata:
- quando la corresponsione delle somme avvenga con modalità diverse da quelle indicate dal legislatore;
- quando, nonostante l’utilizzo dei predetti sistemi di pagamento, il versamento delle somme dovute non sia realmente effettuato, ad esempio, nel caso in cui il bonifico bancario in favore del lavoratore venga successivamente revocato ovvero l’assegno emesso venga annullato prima dell’incasso; circostanze che evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro che mina la stessa ratio della disposizione.
Del resto, la finalità antielusiva della norma risulta avvalorata anche dalla previsione dell’ultimo periodo del comma 912 a mente del quale la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.
Ne consegue che, ai fini della contestazione, si ritiene necessario verificare non soltanto che il datore di lavoro abbia disposto il pagamento utilizzando gli strumenti previsti ex lege ma che lo stesso sia andato a buon fine.
Alessandro Antonelli